Cara signora, il cane seccato e il silenzio tombale

Sembra l’inizio di una barzelletta, e invece no. Domenica scorsa sono tornata a Napoli. Dopo circa quattro anni, ho rimesso piede in terra partenopea. Voi vi chiederete, vabbè-ma-perché-tu-con-Napoli-che-c’entri?! E invece no, io c’entro moltissimo con Napoli, considerato che ci ho trascorso gli anni del mio percorso universitario. Si può dire che ci sono cresciuta. Mi ci sono innamorata a Napoli e – soprattutto – di Napoli. Tornarci dopo così tanto tempo è stato come fare un tuffo nel passato.

Intanto perché, come ai vecchi tempi, mi sono svegliata prima dell’alba per partire, e a questo non ero più abituata. Poi perché molte cose sono cambiate: sono cambiati i luoghi che frequentavo e le persone che ci vivevano. Ho ritrovato però compagni di percorso universitario che non sono cambiati affatto e con cui ho condiviso le gioie e i dolori dello studio. Ho rivisto coinquilini con cui ho condiviso la vita da fuorisede, insieme a qualche ciucca colossale! E ho ritrovato Napoli, sempre bella nel suo essere genuina, anche se sopraffatta dai viaggiatori che la visitano in ogni periodo dell’anno, in cerca del miglior cuoppo o della migliore sfogliatella partenopea.

Arrivata quando ancora tutti dormivano, con un pullman pieno di gente mezza rintronata dal viaggio, ho passato l’intera giornata fuori casa, passeggiando per le vie del centro e chiacchierando sui massimi sistemi. Nel tardo pomeriggio mi sono anche concessa uno spettacolo di teatro dopo anni che non ne vedevo uno. Quindi ero emozionata ed entusiasta. Ma poi, vuoi la mia stanchezza per le poche ore di sonno e per il tanto camminare su e giù, vuoi il tenore dello spettacolo, durante il quale i due protagonisti non hanno proferito parola, ma io non vedevo l’ora di uscire di nuovo all’aria aperta. Badate bene, la mia non è malevolenza. Non è un parlar male tanto per. Ho anche scritto sul teatro, ai tempi. La premesse generale è che ero veramente, ma veramente, tanto stanca e – mea culpa, lo ammetto – non avevo letto la sinossi prima di accettare il biglietto.

Per prima cosa, eravamo un gruppo ristretto di persone, quindi il ritardo con il quale ci siamo accomodati si è notato. Anche il cane che ha assistito allo spettacolo dal fondo dell’ultima fila ha alzato il muso seccato quando gli sono passata davanti per andarmi a sedere vicino alla sua padrona. Poi c’era un silenzio estremo. Il silenzio più rumoroso nella storia dei silenzi, si potrebbe dire. E infatti lo spettacolo stava tutto lì: dar voce al silenzio. E nel loro intento, attori e regista sono stati capacissimi. Però mettetevi nei miei panni: dormo tre ore e mezza la notte prima, giro per Napoli in lungo e in largo per dodici ore, arrivo tutta trafelata a teatro… e questi non si dicono una parola! Per quasi un’ora, i due personaggi non hanno pronunciato uno singolo suono, tranne forse un mugugno in un momento di particolare acme. All’inizio ho voluto tenere il cappotto, nonostante il caldo, perché il silenzio era così tombale che non volevo scompigliarlo con il rumore della cerniera del giubbotto. Ho pensato di muovermi non appena avrebbero inserito qualche musica di sottofondo – la consolle c’era, la vedevo. Ma dopo i primi dieci minuti di sguardi intensi degli attori, misti ad un assoluto silenzio, il regista e il tecnico non si erano ancora mossi di un millimetro. Io, però, avevo caldo, tanto caldo. Questi continuavano a non dirsi una parola, ragion per cui ho deciso di interrompere la mia sofferenza e – dopo una sfacchinata in giro per la città – di accomodarmi allo schienale. Così ho armeggiato un po’ per cercare di fare meno casino possibile e finalmente mi sono liberata del capospalla, sotto lo sguardo sempre seccato del cane che ha nuovamente alzato il muso verso di me. E l’entusiasmo iniziale per l’atmosfera teatrale si è trasformato dopo venti minuti di silenzio in disperazione. Ma almeno ero seduta ed ero al caldo. Finita la performance siamo scappati per la fame e per paura di dover assistere a qualche panel di confronto con regista e attori. La mia visita partenopea è stata breve, silenziosa, ma oserei dire intensa!

Così, arrivato lunedì, sono rientrata, sempre accompagnata da tutta l’umanità che un pullman può contenere. Speravo di poter riposare le mie membra stanche, invece accanto a me si è seduta una signora. Ora , io non voglio dire, il problema, cara signora, non è che hai deciso di sederti accanto a me anche se il posto assegnato non era il tuo. E non è neanche – te lo posso assicurare – che parli ad alta voce al telefono, con il gomito poggiato sulla mia spalla. Passo anche sul fatto che lo zaino che hai portato prenda metà del mio sedile. Ma, per favore, rimettiti le scarpe!

#tuttacolpadimurphy #ecciao

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9 pensieri riguardo “Cara signora, il cane seccato e il silenzio tombale

  1. A metà articolo pensavo che peggio dello spettacolo teatrale non potesse essere successo altro, poi sono arrivata alle scarpe… XD A parte questo, Napoli ha una capacità penso unica di farti innamorare

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